Louisa Buck
Leggi i suoi articoliÈ risaputo che le fiere d’arte hanno un forte impatto sulle emissioni di anidride carbonica. Ora che la stagione delle fiere comincia a prendere l’abbrivio, come si comportano questi eventi, notoriamente assetati di energia e di risorse, all’interno di un mondo dell’arte impegnato, all’apparenza, a rendere più ecologico il proprio operato?
Qualcuno ha detto che radunare gallerie di tutto il mondo in un unico luogo potrebbe ridurre il volume di altri viaggi internazionali. Ma è impossibile glissare sull’impatto ambientale di questi eventi commerciali a tutto campo, in cui tutti i filoni d’attività del mondo dell’arte, dall’energia, alle spedizioni, ai viaggi, all’edilizia, alla costruzione e all’imballaggio, si riuniscono sotto un unico tetto (spesso costruito ad hoc). Oggi come oggi anche le fiere d’arte più piccole si sono rese conto che non basta più sistemare qua e là bidoni per la raccolta differenziata, appendere qualche lampadina a Led e inserire nel programma allarmate tavole rotonde sull’argomento (in genere con partecipanti arrivati in aereo da tutto il mondo). Urge un cambiamento sistemico.
Sia Frieze che Art Basel fanno parte della Gallery Climate Coalition (Gcc) e in questa veste hanno sottoscritto l’impegno a ridurre di almeno il 50% le proprie emissioni di carbonio entro il 2030, in linea con l’Accordo di Parigi (2015), e a raggiungere entro la stessa data l’obiettivo dell’azzeramento dei rifiuti.
Quest’anno si assiste a un netto miglioramento delle loro attività. Frieze ha una lunga tradizione di consapevolezza ambientale (seppur entro i parametri del modello commerciale delle fiere d’arte). Il cofondatore della fiera Matthew Slotover è anche un membro fondatore del Gcc, insieme a Victoria Siddall, ex direttrice globale di Frieze e ora membro del consiglio di amministrazione. Due anni fa Slotover aveva dichiarato a «The Art Newspaper», la nostra testata partner in lingua inglese, che «l’emergenza climatica è la più grande questione dei nostri tempi. Dovrebbe essere sulle prime pagine dei quotidiani ogni giorno».
Nel 2010 Frieze ha collaborato con il sindaco di Londra e l’associazione ambientalista Julie’s Bicycle alla pubblicazione di Green Visual Arts Guide, una guida pensata per rendere il settore dell’arte più sostenibile e contemporaneamente ha iniziato a utilizzare biocarburanti per l’alimentazione delle fiere. Ora Frieze London 2022 è passata a un modello di alimentazione ibrida al 100%, sostituendo i generatori con batterie meno inquinanti. Per la prima volta gli stand delle gallerie hanno un’illuminazione completamente a Led e, come negli anni precedenti, si è proceduto a un’attenta verifica delle credenziali verdi di tutti gli appaltatori e fornitori, dalle opere edili al catering.
«Ci siamo impegnati in ogni aspetto delle nostre attività per garantire progressi continui rispetto ai nostri obiettivi di ridurre le emissioni di almeno il 50% entro il 2030 e di raggiungere l’azzeramento dei rifiuti», afferma Jon Ashman, direttore operativo di Frieze. Tra le altre azioni intraprese figurano la creazione di un gruppo di lavoro interno sulla sostenibilità in tutte le parti dell’organizzazione globale della fiera. Dopo ogni evento tutte le pareti degli stand saranno riutilizzate e le passatoie riciclate.
Dal 2018 Frieze London e Frieze Masters sono sottoposte a un controllo completo delle emissioni di carbonio ed entro il 2023 anche tutte le filiali della fiera, Seul compresa, saranno soggette a un audit annuale. Quest’anno, inoltre, quando i visitatori depositeranno cappotti e borse all’ingresso delle fiere londinesi potranno crogiolarsi al caldo bagliore della sostenibilità: tutti i proventi del guardaroba di Frieze e Frieze Masters 2022 saranno infatti devoluti all’associazione ambientalista Client Earth.
L’importanza di fare squadra
Anche sull’albero maestro di Art Basel sventola la bandiera della protezione ambientale. «Stiamo elaborando proattivamente strategie a lungo termine, afferma il direttore globale della fiera Marc Spiegler in un comunicato, volte non solo a ridurre le nostre emissioni dirette di carbonio, ma stiamo anche lavorando con le nostre gallerie, i nostri partner, i fornitori e l’industria per migliorare l’impatto ambientale più ampio delle nostre iniziative».
A questo scopo il conglomerato fieristico ha iniziato a fare un calcolo annuale della propria impronta di carbonio in tutte e quattro le sedi di Art Basel. La Messeplatz di Basilea è di proprietà ed è controllata dalla fiera e più del 94% della sua energia proviene da fonti rinnovabili, mentre nelle altre sedi di Miami, Parigi e Hong Kong sono in atto misure certificate per supportare le pratiche sostenibili, compresa la gestione dei rifiuti.
Altre misure di riduzione dei rifiuti prevedono che per tutte e quattro le fiere (in Svizzera, a Miami, Parigi e Hong Kong) l’intero sistema di pareti sia riutilizzabile e spedito in ogni destinazione in treno o per nave; dopo la mostra la moquette è trasformata in monoriciclato di alta qualità che viene poi impegato per produrre mobili e materiali da costruzione. Art Basel punta ad avere entro il 2024 un’illuminazione interamente a Led in tutte e quattro le fiere.
Pur trattandosi tutte di iniziative individuali lodevoli, il passo successivo da compiere è che le principali fiere facciano squadra, mettano insieme i loro dati ed elaborino linee guida sulla sostenibilità delle fiere d'arte a cui tutti possano aderire. Questo fronte unito non si è ancora formato, ma il Gcc ne sta parlando sia con Frieze che con Basilea; ci auguriamo pertanto di avere qualcosa di più da raccontare l’anno prossimo.
Nel frattempo, speriamo anche che i visitatori di tutte le fiere d’arte del mondo decidano di lasciare nell’hangar i loro jet privati e di prendere la nave o il treno.
L’occhio sulla London Art Week 2022
Green is the new black
Per un mondo dell’arte sostenibile
Come gli artisti guidano la lotta contro la crisi climatica
Un «cambiamento di rotta» per l’industria dell’arte
Avremo finalmente fiere d’arti «verdi»?
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